Brand Journalism: cos’è e perché è un’opportunità per giornalisti, aziende e consumatori

Brand Journalism

Quest’anno ho timbrato la mia seconda partecipazione al Web Marketing Festival di Rimini e, nonostante non abbia registrato eclatanti novità sul piano tecnico, ho potuto osservare da vicino l’evoluzione e lo sviluppo di alcuni trend legati a questo ramo di mercato. In particolare, anche se si tratta più di una conferma che di una sorpresa, ho avuto la possibilità di constatare come il Brand Journalism sia diventato ormai uno dei fenomeni più rilevanti nel mondo dell’informazione, della comunicazione e del marketing. Forse, i non addetti ai lavori si staranno chiedendo cosa sia il Brand Journalism e soprattutto secondo quale logica le parole “brand” (cioè marca) e “journalism” dovrebbero essere accostate (visto che, almeno apparentemente, non potrebbero essere più lontane).

Per iniziare, possiamo definire il Brand Journalism come quell’insieme di comportamenti e azioni, inerenti alla creazione di contenuti informativi, finalizzati a “valorizzare il capitale narrativo del brand, creando valore per gli stakeholders” (definizione di Daniele Chieffi, in “Cronisti d’azienda. Strumenti e tecniche del giornalismo per il corporate storytelling”). In altre parole, si può parlare di Brand Journalism laddove un’azienda decida di farsi editore e di sponsorizzare la creazione di una serie di contenuti di natura informativa su argomenti complementari a quelli del suo core business, ma comunque rilevanti per il pubblico a cui si rivolge.

Un esempio estremamente significativo in tal senso è quello di Netflix che, nel 2015, ha incaricato alcuni reporter del Wall Street Journal di realizzare un documentario sul narcotraffico e sulla storia di Pablo Escobar. Dall’inchiesta giornalistica – realizzata dal dipartimento branded content del Wall Street Journal – è scaturito un vero e proprio reportage, chiamato “Cocainenomics“, disponibile in rete sul sito https://www.wsj.com/ad/cocainenomics. Naturalmente, anche se la cosa è servita a sponsorizzare il lancio della serie TV Narcos e, probabilmente, anche ad ottenere informazioni utili e attendibili per produrre una fiction quanto più vicina alla realtà dei fatti, è indubbio che tale iniziativa abbia una sua rilevanza anche sul piano informativo e comparativo.

Questo semplice, ma emblematico esempio di Brand Journalism dimostra come molte aziende stiano ormai virando verso nuovi orizzonti, abbandonando le strategie pubblicitarie tradizionali in favore di campagne di informazione e sensibilizzazione su temi cari alla propria community. Si tratta di un fenomeno di grande importanza sociale, riflesso naturale dei cambiamenti che stanno interessando ogni ramo del mercato. Il consumatore di oggi, infatti, non valuta più un brand solo sulla base della qualità del prodotto o del servizio offerto, ma considera come rilevanti e determinanti per la sua scelta anche fattori comprimari quali: la sostenibilità ambientale, la trasparenza, il rispetto della dignità umana e, appunto, la capacità di veicolare informazioni utili e corrette. Parliamo, in altre parole, di responsabilità sociale (di cui l’informazione è parte fondamentale).

Come sottolinea egregiamente Roberto Zarriello in questo interessante articolo su Data Media Hub:

Il brand journalism non è che la conseguenza formale e sostanziale del mutamento dell’atteggiamento del consumatore nei confronti del messaggio pubblicitario tradizionale: è, infatti, così assuefatto dalla pubblicità sic et simpliciter che non la recepisce più in maniera positiva, ma tende ad allontanarla da sé, considerandola un elemento di disturbo, eccessivamente invasivo.

Ecco perché – come ho scritto io stesso in un mio precedente pezzo su questo blog – di fronte ad una clientela sempre più informata e consapevole, diventa fondamentale per le aziende saper informare in modo appropriato, coniugando le classiche strategie di comunicazione con le tecniche tipiche dell’informazione giornalisticaMi piace pensare, dunque, che questa fase così buia per il giornalismo tradizionale sia in realtà ricchissima di opportunità anche per gli operatori dell’informazione. Le aziende necessitano di giornalisti e reporter per la produzione di contenuti editoriali di qualità sui loro canali di comunicazione istituzionale, tanto che molte delle nuove figure legate al digitale sono, appunto, dei giornalisti.

Oggi, quindi, fare informazione vuol dire davvero creare valore per tutti: significa migliorare la reputazione di un’azienda e soddisfare le aspettative e le esigenze della community di riferimento, attraverso una forma di “pubblicità” che non sia autoreferenziale e invasiva, ma, anzi, utile a compiere scelte più ponderate e consapevoli.